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Sul finire dell'Ottocento Giambattista Marino Polestra avverte che le muse non abitano più l'Elicona. Sentendole traslocate in officine e fabbriche, per comporre i suoi versi si fornisce dal grossista. Dal magazzino della poesia già scritta prende i materiali, che assembla per prodursi un profitto, un ricavo. Per lui la poesia ha un fine pratico. È merce.